Il burraco: specchio dei tempi.

burracoI giochi di carte occupano sempre più le serate delle persone, diciamo così, mature.
Parlo naturalmente di ciò che conosco: una media borghesia mediamente appagata, mediamente benestante, mediamente in grado di discorrere con cognizione di causa dell’ultimo flirt della Carlucci o del best-seller del momento.

Una volta si giocava a tressette: rigorosamente per soli uomini, in genere una sera alla settimana. Era un gioco che richiedeva una particolare capacità d’attenzione, una buona memoria per le carte giocate e, non ultima, un’intelligenza sveglia. Non era raro il caso del giocatore che, ancora verso la metà della “mano”, scopriva le sue carte dichiarando: - Non ne fate più! – Oppure: - Cappotto! – E gli urli e le recriminazioni scuotevano interi condominii.
Poi c’era lo scopone, a cui erano ammesse anche le donne e, principe dei giochi, per quelli “con le palle”, il poker. Per il poker era di rigore il tavolo verde, luce bassa centrale e silenzio assoluto. A volte partecipava qualche donna che, molto spesso, si rivelava più fortunata e più “carogna” degli uomini.
Questi giochi avevano tutti una cosa in comune: erano un confronto di cervelli. Come in tutti i giochi di carte era importante la fortuna ma, alla lunga, il miglior cervello aveva sempre la meglio.


Altra caratteristica era la “selezione naturale”: Le persone meno dotate si rendevano conto subito di non essere all’altezza, e desistevano.
Oggi i salotti sono popolati dai figli di quei giocatori e, fortunatamente, il cervello è meno importante: per loro, in passato, hanno pensato i padri, ed oggi pensa per tutti il Cavaliere.


La mentalità diffusa è che tutti siamo bravi, tutti siamo intelligenti, tutti dobbiamo e possiamo fare le stesse cose.


Ed ecco il trionfo del Burraco. Solo il mio cane non lo può giocare, ed unicamente perché le “dita” delle zampe non gli permettono di maneggiare le carte.

 
Generalmente si gioca a “compagni”, con 104 carte francesi. Non mi dilungo sulle regole perché certamente la maggioranza di chi legge le conosce, e non intendo rischiare di danneggiare quella piccola minoranza ancora indenne.


Naturalmente non voglio dire che questo gioco non richieda un minimo di intelligenza, di spirito di osservazione o di memoria per le carte. E’ solo che chi non possiede nulla di tutto questo può giocare lo stesso: con un po’ di fortuna, nessuno se ne accorge. Nemmeno l’interessato!


Ed allora ti ritrovi al tavolo con quello che gioca solo guardando le sue carte, e si incazza se il compagno non gli legge nel pensiero; con quello che vuole vincere a tutti i costi e, ad ogni giocata, chiama a raccolta tutti i neuroni disponibili, li riunisce in assemblea e, dopo aver considerato tutte le opportunità possibili, dopo lunghissime esitazioni e mettendo a dura prova la pazienza degli altri giocatori, prende l’importante decisione.
C’è quello che i neuroni li chiama a lungo invano e, dopo aver seriamente ponderato, gioca l’unica carta sbagliata che aveva; e non manca la signora intelligente che ti guarda dall’alto in basso perché non hai “pinelle”, o il compagno che ti “cazzea” perché hai scartato proprio la carta che gli serviva (come se tu avessi lo sguardo a raggi x).
C’è anche il poverino che gioca perché costretto, ammette i suoi limiti, si mortifica ogni volta che sbaglia, e capita sempre a compagno con te. E c’è il “maledetto” completamente negato, ma che non lo sa e, se ti capita per compagno, oltre a farti perdere la partita, ti subissa di rimproveri per quelli che, per lui, sono i tuoi errori.


Questo signori è il gioco alla moda al quale non ci si può sottrarre a meno di non voler fare come me: passo le serate “mondane” a passeggio col cane.

 

 

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