Avevo un amico...

 

Avevo un amico d'infanzia col quale sono cresciuto. Eravamo sempre insieme, ci dicevamo tutto e non avevamo segreti l'uno per l'altro. Eravamo talmente intimi che era quasi io.

Non vi dirò il suo nome per doverosa discrezione e, per raccontarvi la sua storia, lo chiamerò Giorgio.

Giorgio proveniva da una famiglia molto modesta e, impossibitato a frequentare una qualsiasi università dovette, subito dopo il diploma, mettersi a lavorare.


Ebbe una serie di esperienze che fecero di lui un buon venditore ed un ottimo comunicatore per cui, poco dopo i trent'anni, ebbe l'occasione che gli permise di creare una piccola azienda la quale, sempre grazie ad occasioni favorevoli, cominciò a rendere abbastanza bene.


Sull'onda del successo prese come socio di minoranza un suo ex supervisore, anche lui buon venditore. Gli incassi crebbero ancora ed il nuovo socio preferì rimanere in magazzino per incrementarne le vendite del negozio. Naturalmente i prodotti offerti dovettero essere aumentati, ma questo non fu un problema: i fornitori conoscevano e stimavano tutti e due, per cui concedevano crediti quasi illimitati.

 

L'azienda cresceva rapidamente, i locali furono aumentati ed il personale arrivò sotto la ventina di dipendenti.


Per qualche anno i progressi continuarono e Giorgio si sentiva già un imprenditore di successo.


Ma i problemi c'erano e, pian piano, vennero alla luce: la contabilità ed il magazzino non erano sotto controllo. Il ragionire assunto (un bravo ragazzo appena diplomato) non era mai in grado di fornire dati certi. Il magazziniere (un ottimo ragazzo ex collega di vecchi lavori) non fu mai capace di presentare un inventario completo della merce che, dati i grossi volumi di vendite, avrebbe richiesto diversi gioni di chiusura. Giorgio capiva di essere sull'orlo di un burrone ma non se la sentiva di licenziare nessun membro di quella che era diventata una grande famiglia e, tanto meno, di assumere un vero professionista che avrebbe necessariamente dovuto stravolgere l'ordine costituito.


Purtroppo Giorgio era un buono ed i buoni non sono fatti per comandare.


Il giro d'affari diventava sempre più importante ed il socio si dava da fare con gli acquisti e con le proposte di altri investimenti.


Giorgio non poteva che lasciarlo fare ma l'esposizione debitoria diventava insostenibile. I prezzi di vendita dovevano essere più bassi per favorire gli incassi che, è vero, aumentavano. Ma Giorgio era costretto a chiedere ai fornitori sempre maggiori dilazioni nei pagamenti dovendo accettare l'addebito di interessi sempre più gravosi.


Poi ci fu una delle tante crisi economiche che, il quel tempo, affliggevano l'Italia, ed una conseguente stretta creditizia.


Giorgio si arrampicò sugli specchi fino a quando dovette sospendere tutti i pagamenti. Tentò inutilmente di convincre i principali creditori a stipulare un accordo che prevedesse una totale ristrutturazione dell'azienda ed il rimborso del debito in tre anni ma senza interessi. Gli incassi erano ancora molto alti e si sarebbe potuto continuare l'attività acquistanto per contanti.

Col solo risparmio degli interessi passivi si sarebbe tranquillmente estinto il debito.

 

Parecchi furono d'accordo ma bastò l'impuntatura negava di uno solo per far saltare tutto il castello.


Giorgio si dovette arrendere: pagò a tutti i dipendenti stipendi, preavviso e liquidazione, pagò i debiti con i piccoli fornitori, saldò anche le banche e portò i libri contabili in tribunale.


Raccontò ai giudici tutta la sua storia e, fortunatamente, non trovarono addebiti penali da fargli ma, naturalmente, dovettero decretare il fallimento dell'azienda.


Ora giustamente vi chiederete perché vi ho raccontato tutto questo.


E' presto detto: perché, seguendo la politica di questi ultimi mesi non ho ptuto non pensare a Giorgio.


Se Giorgio avesse sostituito qualche impiegato incapace con gente esperta ed avesse mandato a casa il socio megalomane, ora avrebbe ancora la sua aziendina, più piccola, con tutti problemi del caso, ma sana ed attiva.


Che sta facendo la politica? Sta imitando Giorgio: cerca di migliorare le cose aumentando il debito, invece di trovare dentro di se le storture amministrative, gli sprechi, le spese inproduttive, i dirigenti cretini o sfaticati, e chi più ne ha più ne metta.

Certamente il debito può aumentare e turare momentanemente qulche buco.

Ma il debito non può crescere all'infinito e gli interessi, per continuare a far debito, bisogna pagarli.

E poi, come tutti i debiti, finirà col non essere più disponibile: chi ci presta i soldi non può avere una fiducia illimitata ed alla fine ci chiederà il conto.

E faremo la fine di Giorgio... E non troveremo nemmeno un giudice comprensivo.

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