Io e la bici.

bicibianchi2 Il mio primo incontro ravvicinato con la bicicletta avvenne verso i cinque anni di età, credo nel ’41 o ’42. Ero sfollato a Lusciano (un paesino del casertano) dove le bici erano il più comune mezzo di trasporto. Ci andavano anche i bambini della mia età, in piedi sui pedali passando una gamba attraverso il telaio. La prima passeggiata la feci seduto sulla canna, mentre qualcuno mi portava al pronto soccorso per un taglio al piede che mi ero procurato calpestando un coccio di bottiglia.

Ma l’incontro decisivo avvenne un paio d’anni dopo. A casa di miei cugini: sul terrazzo c’era una biciclettina per bambini. La presi e, dopo testardi e numerosi tentativi, imparai ad andarci. Ci rimasi attaccato sopra per ore, girando intorno al terrazzo, fino a quando non fui preso di forza e portato via.

Da quel momento il mio pensiero fisso fu avere una bici anch’io. Cominciai a tormentare mio padre con insistenti richieste. Ma i tempi erano difficili e il pover’uomo, per trovare pace, mi prometteva che l’avrebbe comprata a fine anno scolastico, se fossi stato promosso. La cosa si ripeteva ogni anno: Io ero regolarmente promosso ma i tempi restavano difficili e la bici restava sempre un pio desiderio.

D’estate andavamo al mare ad Ercolano. Nella Villa accanto alla nostra casetta in affitto erano due fratelli di poco più piccoli di me che, naturalmente, avevano le loro belle biciclette e, inutile dirlo, li tormentavo con pressanti richieste di farmi fare un giro. Loro non erano molto contenti ma, ogni tanto, me lo concedevano a patto che fosse un giro piccolo.

Finalmente, intorno ai vent’anni, cominciai a lavorare ma la bicicletta restava un sogno impossibile: una bici, in quel tempo, costava ventimila lire ed io ne guadagnavo trenta al mese però ne davo venti in casa.

romaMa la mia voglia di bici era impellente e, coinvolgendo due amici, organizzai un viaggio a Roma. Naturalmente in bicicletta. Loro la bici l’avevano ed io riscii a farmela prestare da un altro amico.

Procurai anche una tenda canadese. Era a due posti ma feci accettare l’idea che sarebbero stati necessari dei turni di guardia e quindi due posti erano più che sufficienti.

Per arrivare a Roma impiegammo tre giorni. Ma uno lo perdemmo perché Salvatore (a sinistra nella foto) cadde e si ruppe un braccio e dovemmo accompagnarlo prima al pronto soccorso e dopo al treno per Napoli. Al ritorno non avevamo più soldi nemmeno per un panino e facemmo tutto il tragitto in un’unica tappa.

Poi vennero la famiglia, i figli, il lavoro più impegnativo e non ci pensai più. Fino a quando (ero ormai sotto i quaranta) ci furono a Napoli le domeniche di austerità e tutti i mezzi a motore non potevano circolare. Quale migliore occasione? Finalmente comprai la mia prima bicicletta, feci montare un sedile per bambini al manubrio e tracorsi un felice periodo scorrazzando per la città col figlio già grandicello con la sua bici e la più piccola sul manubrio.

Negli anni successivi la bici restò nella mia casetta al mare e l’utilizzai soltanto d’estate.

E fu d’estate che la bici mi salvò la vita. Due anni fa, reduce da un debilitante herpes zoster, tornai alla mia vecchia amica sicuro che mi avrebbe ridato le forze e cominciai a sudare… Ma, per le mie condizioni fisiche, era troppo pesante e, con il pianto nel cuore (e nel portafogli), ne comprai una nuova di allumino, molto più leggera, e ricominciai a godere.

Ma la goduria durò poco: un furgone, uscendo come un razzo a marcia indietro dal posteggio, mi prese in pieno scagliandomi ad alcuni metri di distanza. Frattura del bacino, un mese di letto ed altre complicazioni.

Però dalle varie tac venne fuori che avevo un aneurisma dell’aorta, una bomba ad orologeria che sarebbe potuta scoppiare in qualsiasi momento. Altro ricovero ed intervento di urgenza..

Appena fuori pensai di ricorrere alla mia bici per riprendere un po’ di forma, ma mi resi subito conto che non riuscivo a pedalare nemmeno sul più agevole falsopiano. Io però sono uno che muore ma non si arrende. Se ho deciso che bici deve essere bici sarà. A costo di farmi aiutare da un motorino elettrico nascosto nel mozzo di una ruota.

bicipicc1E così, da circa un mese, ho ripreso a pedalare. Quando sento che, per me, la pedalata diventa troppo pesante, do un tocco al pulsantino magico ed il problema è risolto.

A volte, però, andare sempre da solo, può annoiare un po’. Si sente la mancanza di un compagno col quale scambiare una chiacchiera o una battuta. Purtroppo però, data la mia tarda età, mi sono rimasti ben pochi amici, e quei pochi rimasti non hanno la forza o la voglia di mettersi in bicicletta.

A questo pensavo mentre pedalavo svogliatamente per via Caracciolo, quando accadde il miracolo: Mi apparve, di fianco alla bici, l’Arcangelo Gabriele nei panni di un distinto signore che, sorridendo, mi chiese il permesso di lasciare un volantino nel cestino portapacchi. Come dirgli di no? – Venga a trovarci su internet – Aggiunse e, come era apparso, sparì.

Una volta a casa, vidi che sul volantino c’era l’indirizzo di un sito: http://www.cicloverdi.it. Non sempre la curiosità è femmina e mi collegai.

logo-cvSecondo miracolo: Il Signore mi aveva letto nel pensiero e mi aveva mandato l’Arcangelo Gabriele per risolvere i miei problemi: sembrava mi dicesse: “Ti mancano gli amici? Ora puoi averne quanti ne vuoi” .

Un po’ vergognoso per la mia bicicletta coltrucco” mi unii alla passeggiata a Pietrarsa: fui accolto amichevolmente e Titti Vollero mi prese sotto la sua ala protettrice senza perdermi di vista un momento. Ringalluzzito partecipai anche alla passeggiata a Monte di Procida ed ora posso affermare senza tema di smentita (e senza offesa per mia moglie) di aver trovato una nuova grande famiglia.

monteprocida 

 

 
 
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