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VIII

La casa.

Purtroppo il tempo che potevo dedicare a questo mio hobby era molto limitato: solo qualche fine settimana ritornando a Napoli la sera del sabato per poi ripartire la domenica mattina: Con la casa in quelle condizioni non era possibile fermarsi la notte ed i tempi in cui mi piaceva dormire sotto una tenda erano passati da un pezzo.

Un giorno parlai a Matteo di questo mio problema.

- Perché non fai sistemare la casa? – mi disse.

- Perché non ho soldi. E qui ce ne vorrebbe una barca...

- Ma no! Non ci vogliono molti soldi. Puoi cominciare a sistemare una parte. Lavorando in economia, con un muratore... Andando tu stesso a comprare i materiali che servono.

- Si. Forse così si potrebbe fare.. Un poco per volta... Ma ci vorrebbe un muratore.

- C’è un mio nipote che è un ottimo muratore. Gli pagheresti solo la giornata. Abita in un paese qui vicino.

Il sabato successivo Matteo ed io eravamo in viaggio in cerca del provvidenziale nipote. Fummo accolti con grandi cerimonie, fatti accomodare davanti al camino a bere vino "primitivo" ed a parlare di mille argomenti. Io avevo fatto un po’ l’orecchio al dialetto ma non capivo proprio tutto. Comunque, quelle brave persone si sforzarono di parlare italiano ed alla fine e mi fecero visitare la loro casa che quel "prodigio" di figlio aveva costruita tutta con le sue mani. Quando gli espressi le mie necessità il giovane mi assicurò che l’indomani sarebbe venuto a vedere cosa si poteva fare.

Il mattino dopo, quello che ormai avevo eletto a mio salvatore, giunse puntualissimo. Studiò la casa dentro e fuori per una ventina di minuti, senza parlare.

- I solai ed i tetti sono da rifare – disse quando ebbe concluso il suo esame. – Non ti conviene: la spesa sarebbe esagerata.

- E allora?

- Ti conviene di più completare quell’ultima parte che attualmente è scoperta: il solaio intermedio, quello di calpestio, è fatto con putrelle di ferro e si può facilmente rinforzare, la copertura la facciamo ex novo, con un terrazzo e senza tetti, che costano troppo.

In effetti la costruzione comprendeva una parte di cui non ho neanche parlato: era sul lato sinistro della casa, sempre guardando dall’alto, e non l’avevo proprio presa in considerazione in quanto aveva solo le mura perimetrali ed era a cielo aperto.

- Si fa prima a completare questa parte, senza nulla da demolire, e lo spazio è sufficiente per un intero appartamento.

La cosa mi lasciò abbastanza sconcertato, non era questa la mia idea e poi... Speravo di cavarmela con meno. Comunque Giovanni (questo era il suo nome) mi assicurò che il lavoro sarebbe venuto bene e che, naturalmente, non avrebbe potuto fare tutto da solo ed avrebbe avuto bisogno di un aiutante. I materiali saremmo andati a comprarli insieme col suo camion e non sarebbero costati molto.

- Per i pavimenti – concluse – conosco un posto dove li potremo comprare di seconda scelta. Li pagherai una miseria.

- Giovà – esclamai – Non molto, una miseria, poca spesa... Ma in lire... Quanto mi costerà questo scherzo?

- Non lo so. Devo fare un poco di conti. Sabato ti vengo a trovare e ti faccio sapere.

Quando andò via mi precipitai in paese a comprare una rollina e passai il resto della giornata a misurare e sognare.

Effettivamente lo spazio mi sembrò più che sufficiente: era a forma di elle, con i due lati esterni di circa dodici metri e quelli interni di sei metri: così, ad occhio e croce, calcolai che si sarebbe potuto agevolmente ricavarne una grande cucina, un soggiorno, una camera ed una cameretta.

Durante tutta la settimana successiva trattai con i clienti ed i fornitori disegnando piantine.

Il sabato successivo Giovanni fu puntualissimo ma quanto al preventivo fu più vago della prima volta. Seppe solo dirmi che lui ed il suo aiutante mi sarebbero costati poco più di centomila lire al giorno, che il lavoro avrebbe richiesto circa due mesi e che gli avrei dovuto pagare solo le giornate di effettiva presenza in cantiere ( lui pensava una quarantina). Sul costo dei materiali rimase nel vago, mi spiegò che avrebbe predisposto il necessario per gli impianti elettrico ed idraulico, ma che poi avrei dovuto chiamare degli specialisti.

Effettivamente il costo di mano d’opera era irrisorio e diluito nel tempo. Il resto però sarebbe stato tutto a sorpresa. Ma io questa benedetta casa la volevo e mi feci coraggio pensando che, per male che potesse andare, avrei sempre potuto sospendere il lavoro nel malaugurato caso di problemi economici.

D’altra parte sono portato, per carattere e per abitudine al rischio di impresa, a prendere rapidamente le mie decisioni. L’avventura mi attirava troppo per rimandare... Chiusi gli occhi e mi tuffai.

Solo dopo l’inizio dei lavori chiesi ad un amico ingegnere di venire a dare uno sguardo per darmi qualche consiglio: l’amico ammirò molto il piccolo fabbricato, rimase incantato dai muri costruiti come una volta, con pietre irregolari incastrate pazientemente... E poi vide la lesione: verso l’angolo estremo, nella parte bassa.

- Non ti preoccupare – disse – queste case si costruivano senza fondamenta profonde. Evidentemente il terreno deve aver ceduto un poco. Fai scavare sotto quel muro fino a trovare la roccia e fagli fare una base di cemento, è cosa da poco. -

Un’altra cosa da poco.

Non voglio tediarvi con i particolari: vi basti sapere che i lavori durarono quasi un anno alla fine del quale i risparmi miei e di quella santa donna di mia moglie erano ridotti pressoché a zero.

La casa però venne bene: una grande cucina con, in un angolo, una spettacolare stufa a legna, il soggiorno spazioso dominato da un simpatico camino, una bella camera da letto ed due camerette per i bambini. Il bagno poi, ricavato lateralmente all’ingresso, era la mia rivincita sui quelli relativamente piccoli di città, e con una cabina doccia fuori misura.

L’idraulico aveva fatto un bel lavoro: aveva installato un’autoclave sul pozzo più vicino portando l’acqua fino alla casa. All’esterno predispose un deviatore in modo che, quando sarebbe arrivata l'acqua dell'acquedotto che passava non lontano, avrei potuto scegliere, spostando una levetta, se utilizzare il pozzo o l’acquedotto. Gli infissi li fece un falegname locale molto economico, con comode zanzariere (con tutto il mio amore per la natura preferivo lasciare fuori mosche e zanzare!). Quanto al riscaldamento, mi affidai al fuoco per soggiorno e cucina e, nelle camere da letto, misi dei termosifoni elettrici.

L’arredamento fu compito di amici e parenti che si liberarono di tutte le loro vecchie carabattole: I mobili della cucina erano stati appena dismessi da un amico che aveva rinnovato la casa. Vi aggiunsi solo un lungo tavolo in legno con relativa panchina, opera di un artigiano locale. Il soggiorno fu meravigliosamente arredato da un mio cognato che approfittò dell’occasione per rifare l’arredamento di casa sua. Per la camera da letto andai a liberare il deposito di una mia sorella dai mobili che, in un lontano passato, avevano arredato la camera dei miei genitori. Nelle camerette misi letti a castello e qualche brandina.

Ci andammo per due fine settimana. Poi fui preso da problemi di lavoro che mi tennero impegnato anche il sabato e la domenica per circa un anno. Credo che la fatica e lo stress mi avrebbero ucciso, se non avessi saputo che la mia casetta era lì…

Quell’anno fu molto pesante: la crisi economica cominciata al nord qualche tempo prima, era giunta anche da noi (con ritardo, come tutte le cose che arrivavano al sud). I costi lievitavano, i fornitori esigevano pagamenti più brevi, la liquidità delle aziende era ridotta al lumicino. In tutto questo le richieste degli estorsori si erano fatte più pressanti e più esose. Per non parlare delle rapine.

Ero costretto a girare con la pistola sotto l’ascella, come nei film…

Ma questa è un’altra storia.

Feci giusto qualche salto in campagna per assicurarmi che fosse ancora tutto lì.

Un giorno, andando a ritirare la macchina dal meccanico, lo vidi che stava caricando sul furgone due cuccioli.

- Carini – dissi – dove li porti?

- Li vado a sperdere. Ho tentato di sistemarli in tutti i modi, ma nessuno li vuole: sono due femmine, e in officina non posso tenerli.

- Povere bestie...

- Si, lo so, ma che posso fare?

- Dalle a me. Ci penso io!

Bravo – pensai – ti sei preso un’altra gatta da pelare.- Avevo fatto andare la lingua prima del cervello. Ora che ne facevo di queste due bestiole? Avevamo già Igor ed era più che sufficiente... Ma ormai le avevo in macchina e dovetti portale a casa.

Appena le poggiai per terra, nell’ingresso, battezzarono immediatamente il pavimento a cera. I bambini furono estasiati ma mia moglie mi guardava con uno strano sguardo.

- Non ti preoccupare, non devono stare qui. – le dissi per evitare la tempesta che si addensava nell’aria – le porterò in campagna.

- E chi penserà a loro?

- Le affiderò a Matteo.

Come al solito mi ero tirato addosso un altro problema: convincere Matteo! Però in casa l’atmosfera ritornò serena e la mia dolce consorte praticò alle bestiole tutte le cure necessarie, diede loro da mangiare e le battezzò: Peppa e Camilla.

Il giorno dopo con i due cuccioli in macchina raggiunsi la casetta in campagna, non prima di aver acquistato un alimentatore automatico ed un grosso sacco di mangime per cani.

Le sistemai, con l’alimentatore, un recipiente colmo d’acqua e la cuccia, in una piccola stalla senza porta, poi andai a cercare Matteo.

Il buon uomo mi assicurò che avrebbe pensato lui alle bestiole e potei ripartire tranquillizzato.

Peppa e Camilla furono i primi abitanti della "fattoria" a cui, in seguito, seguirono molti altri.

Intanto la mia azienda diventava sempre più difficile da mantenere a galla. Avevo fatto una massiccia campagna pubblicitaria su giornali e televisioni locali e gli incassi erano molto alti, ma non riuscivo a trarne i margini necessari a coprire le spese.

Avrei avuto bisogno di un significativo apporto di capitale fresco, in modo da poter comprare per contanti beneficiando degli sconti cassa, che in quel periodo erano altissimi, e risparmiare gli esosi interessi addebitati dalle banche e dai fornitori, ai quali ero costretto a ritardare continuamente i pagamenti.

Quando mi convinsi che non c’era più niente da fare, misi in liquidazione l'azienda e, dopo lunga e penosa malattia, un bel giorno ritornai a casa senza l’azienda e con un po’ (poco) di soldi in tasca.

Avevo lavorato più di dieci anni per nulla. Ma, finalmente, ero un uomo libero.

   
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