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Giallo senza mistero

 Giacomo non aveva voglia di andare a dormire. Da quando era in pensione, si muoveva molto poco e la sera non riusciva a prendere sonno prima delle due o le tre.

Aveva guardato Maurizio Costanzo alla televisione e, pur col solito senso di fastidio, l’aveva visto fino alla fine.

Si avviò svogliatamente al bagno, sapendo di dover affrontare un paio di ore di veglia, disteso immobile al fianco di Maria, che invece si addormentava subito ma che, se lui si muoveva, si svegliava immediatamente e cominciava a domandagli perché non dormiva e se stava male…

La vita di Giacomo e Maria scorreva tranquilla: la salute era buona, per quanto può esserlo la salute di due ultrasessantenni, e non avevano problemi economici: lui si era pensionato dall’esercito col grado di generale e godevano di qualche rendita, frutto di vecchie proprietà di famiglia. Ancora provavano piacere dalla reciproca compagnia e, unico cruccio, la lontananza dell’unica figlia Lucilla e della piccola Camilla, la nipotina di cinque anni per cui stravedevano.

Lucilla viveva in un’altra città, dove Carlo, il marito, era impiegato. Era a circa trecento chilometri da Roma, ma l’anziana coppia non perdeva occasione per mettersi in macchina e correre verso quello che, per loro, era un vero e proprio polo di attrazione.

Lucilla si era sposata molto giovane ed aveva creato qualche problema nell’ambito del parentado puritano ed all’antica: si era ritrovata incinta quando il fidanzato ancora studiava e lei, fedele alle tradizioni familiari, non era in grado di fare alcun lavoro, se non quello della brava massaia e madre di famiglia. Giacomo però non aveva perso la testa, aveva rapidamente organizzato un fastoso matrimonio, comprato ai due sposini una bella casa ed aveva mantenuto la giovane famiglia per tutto il periodo in cui il marito aveva dovuto ancora studiare, prima di laurearsi.

Poi aveva mosso mari e monti e gli aveva trovato un dignitoso lavoro. Purtroppo però, a trecento chilometri di distanza. Ma Giacomo era sicuro che, al più presto, sarebbe riuscito ad ottenere, per suo genero, il sospirato trasferimento a Roma.

Insomma tutto bene. Quando però si mise a letto vide che Maria era sveglia e piangeva con il viso affondato nel cuscino.

- Che hai… Stai male?

- No… Sto bene.

- E allora? Cosa è accaduto?

- Niente…

- E perciò piangi?

- Lasciami in pace…

- Smettila Maria, e dimmi che hai!

- Non te lo posso dire… Tu non ti controlli…

- Allora parla per l’amor di Dio! Se no perdo la pazienza!

- Hai visto che non ti controlli?

- Uff.… Fa come vuoi!

Giacomo si infilò sotto le coperte e spense la luce.

- Giacomo?

- Che c’è?

- Si tratta di Lucilla… Ha telefonato…

Un sudore freddo gli bagnò immediatamente la fronte.

- Che ha, è ammalata?

- No… Sta bene…

- Insomma vuoi parlare chiaramente?

- Carlo… Vuole il divorzio…

La notizia lo colpì come un fulmine: dopo tutto quello che aveva fatto per loro, ora si separavano… Ma era un uomo ragionevole, superato il colpo iniziale, si sforzò di accettare la cosa:

- Certo è grave ma… Se non vanno d’accordo… Non ci possiamo fare niente. Vuol dire che la nostra bambina tornerà a vivere con noi…

- Non è così semplice: lui vuole il divorzio per colpa di lei…

- Ma si, chi se ne frega! Se è questione di soldi, glie li diamo e ce lo togliamo dalle palle!

- Vuole portarsi via la bambina… In Australia…

- Ma è pazzo? Domani vado a parlare con un buon avvocato.

- No! Per favore… Non lo fare!

- Certo che lo faccio! Non gli lascerò portar via la nostra nipotina.

- Non è così semplice: è un violento. Ha una pistola… E minaccia di fare una strage…

- Domani mattina parto e mi porto a casa Lucilla e la piccola.

- Assolutamente no! Lucilla proprio questo mi ha raccomandato! Dice che ha paura: che lui è un pazzo deciso a tutto. Si comporta in modo subdolo: in pubblico la colma di tenerezze e poi, quando sono soli, glie ne combina di tutti i colori: le fa lo sgambetto mentre porta i piatti, la insulta, la picchia anche… Ma sta sempre attento a non lasciarle segni sul corpo.

- Io domani vado a parlare con mia figlia. Se è pazzo c’è una ragione di più per prendere immediatamente provvedimenti.

- No...

- Si!

Per il resto della notte rimasero svegli intervallando lunghi silenzi a mille congetture…

All’alba Giacomo era già in viaggio.

Giunse a destinazione che era ancora presto. Posteggiò la macchina di fronte al palazzo ed aspettò che Carlo uscisse per andare a lavoro. Quando finalmente lo vide andar via, salì da Lucilla.

Come al solito la piccola Camilla gli fece un sacco di feste ma gli bastò uno sguardo a sua figlia per sentirsi il cuore in gola: era dimagrita di almeno trenta chili!

- Papà… Cosa fai qui a quest’ora? Perché non hai telefonato?

- Poche storie, mamma mi ha detto tutto… Spiegami come stanno le cose.

La ragazza scoppiò in un pianto irrefrenabile e, tra i singhiozzi, gli raccontò di come Carlo agisse contro di lei per farla impazzire e di come fosse gentile ed affettuoso con lei in pubblico: la voleva lasciare portandosi via la bambina. In Australia. Le diceva apertamente che aveva un’altra donna più bella di lei… E più giovane… Che lei era diventata un manico di scopa… Che non era buona neppure a pulire il water… La accusava di avere un amante… Era un sadico: lei avrebbe finito veramente col diventare pazza. No, non poteva lasciarlo: lui questo stava aspettando per denunciarla per abbandono del tetto coniugale e farsi affidare la piccola dal tribunale.

Giacomo era sconvolto, se avesse avuto quell’uomo tra le mani lo avrebbe strangolato. Ma era una persona ragionevole, doveva trovare una soluzione civile. Tentò di rassicurare la ragazza:

- Stai tranquilla cara, ora gli parlo io, vedrai che lo convincerò a lasciarti tranquilla, gli darò tutti i soldi che vorrà…

- No papà per favore… Ti ucciderà… E ucciderà anche me…

- Non ti preoccupare. Non ucciderà nessuno.

Senza esitare ancora, Giacomo uscì rapidamente e si recò all’ufficio di Carlo:

- Carlo, spiegami che sta succedendo, senza mentire altrimenti metto a soqquadro tutto l’ufficio!

- Ma… Signor Giacomo… Si calmi… Sono cose tra me e Lucilla…

- Un cazzo! Mia figlia è dimagrita di trenta chili. Che le hai fatto?

- Io? Niente! E’ tutta contenta che ha trovato la dieta giusta!

- Non fare lo stronzo! Parla o, quando è certo Iddio, ti rivolto questa scrivania addosso…

- Ma no! Non volevo parlarvene… Ma visto che fate così… Vi dirò tutto. Si è invaghita di un certo Malcom, un australiano, si è messa in testa di divorziare ed andarsene in Australia con lui. E di portarsi la bambina…

- Sei un bugiardo! Dimmi la verità o io…

- Le giuro che è la verità. Parli con lei, tenti di farla ragionare.

Giacomo non credeva ad una parola, ma fu colpito dall’accento di sincerità che gli sembrava di vedere…

- E’ inutile che tenti di cavartela con queste menzogne – Gli disse Ci vediamo stasera a casa tua e vediamo se, di fronte a Lucilla, sei capace di ripeterle!

Ciò detto uscì dall’ufficio sbattendo la porta.

Una volta fuori dall’ufficio, Giacomo si fermò sul marciapiedi: era congestionato e riusciva a malapena a ragionare. Quel delinquente aveva avuto la faccia tosta di rivoltare la frittata, dando la colpa di tutto alla sua bambina… D’altra parte doveva aspettarselo, Lucilla gli aveva detto con quale arte subdola, faceva ricadere tutte le colpe di lei.

Non si sentiva ancora in condizioni di guidare, un tremito incontrollabile lo scuoteva in tutto il corpo. Decise di fare due passi prima di mettersi in macchina ed affrontare l’ora di traffico che lo divideva dalla casa di sua figlia. Ma la sera l’avrebbe fatta finita ed avrebbe riportato a casa la sua cara figliola e l’adorata nipotina.

Dopo mezz’ora si sentì abbastanza calmo e, ritirata la vettura dal posteggio, si avviò per la strada del ritorno.

Lucilla venne ad aprigli in accappatoio, aveva il viso ed il collo arrossato ed i capelli bagnati. Lo abbracciò piangendo, i singhiozzi facevano continuamente sussultare quel corpo macilento, e non riusciva a parlare.

Il pover’uomo tentò in tutti i modi di calmarla e di farle raccontare l’accaduto, ma l’unica cosa che la ragazza riusciva a dire, tra i singhiozzi, era "devi andartene" alternato con "parti subito, ti ucciderà".

Non c’era verso di farle dire altro, quando intervenne la piccola Camilla, che se ne era stata accovacciata in un angolo, con gli occhioni pieni di lacrime:

- E’ papà che fa piangere la mia mamma!

L’uomo prese la bimba tra le braccia e, mentre la accarezzava teneramente, udì la figlia che, finalmente, riusciva ad articolare qualche parola:

- E’ venuto a casa. Col motorino si fa presto… Io stavo facendo il bagno. Mi ha tenuto con la testa sott’acqua per tanto tempo, quasi mi affogava. Ha detto che ho sbagliato a parlare e che avrebbe fatto un macello. Vuole che stasera ti racconto una serie di menzogne, se no ci uccide tutti. Per favore, parti subito, non farti trovare qui!

Giacomo aveva un groppo in gola. Riuscì a stento a dire:

- Non ti preoccupare piccola… Il tuo papà sistemerà tutto.

Uscì di casa con la vista offuscata dalle lacrime e si precipitò alla macchina. Partì a razzo evitando per pura fortuna di schiantarsi contro la corrente di traffico. Voleva raggiungere quella carogna subito, l’ansia lo divorava.

Era quasi arrivato quando si rese conto che andava ad affrontare un pazzo sicuramente armato a mani nude. Si mise quindi alla ricerca di un’armeria e, quando l’ebbe trovata, acquistò una pistola automatica.

Da ex ufficiale aveva il porto d’arma e non ebbe problemi burocratici. Infilò l’arma carica nella tasca del cappotto e raggiunse l’ufficio di quel criminale.

Non appena lo vide Carlo balzò in piedi.

- Che fa qui signor Giacomo?

- Faccio quello che avrei dovuto fare molto tempo fa!

Il giovane mostrò di non capire ma commise l’errore di infilare una mano nella tasca della giacca. La pistola apparve fulminea in mano a Giacomo e scaricò tutto il caricatore.

Di sette colpi, cinque raggiunsero il giovane al cuore.

Finalmente calmo, l’uomo lasciò cadere la pistola ed uscì a passo regolare dall’ufficio: il commissariato non era lontano.

Il detenuto, in prigione, era abbastanza tranquillo: Maria riusciva ad avere il permesso di visitarlo molto spesso, avevano le amicizie giuste per lubrificare qualche cardine. Secondini e compagni di pena erano tutti molto cordiali e rispettosi con lui, Il suo caso aveva destato un certo scalpore e tutti conoscevano la sua triste storia.

Il cruccio di Giacomo era solo che Lucilla non era ancora andato a trovarlo, era troppo doloroso per lei, gli aveva spiegato Maria, ma lui desiderava tanto vedere la piccola Camilla.

Ormai era in carcere da sei mesi, quando chiese alla moglie di pretendere da Lucilla che si facesse forza e venisse ad abbracciarlo.

Messa così alle strette, la donna non riuscì più a trattenersi e scoppiò in un pianto dirotto: - Lucilla non è più qui… E’ partita. Se ne è andata con Camilla in Australia: Si è innamorata di un australiano… Un certo Malcom… 

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